Della sicurezza ristorazione e bar se ne parla da sempre, ma con la diffusione del coronavirus in Italia gli occhi sono ancora più puntati sul settore. I dubbi sono tanti e se dal punto di vista sanitario abbiamo trovato alcune risposte, quelli legati alla sicurezza del lavoro persistono. Abbiamo raccolto le domande più frequenti di gestori e dipendenti horeca e le abbiamo poste a Mattia Parizzi, responsabile sicurezza di OMEN Consulenze.


Quali sono le difficoltà maggiori riscontrate finora a livello di sicurezza sul lavoro?


È una domanda complessa, perché stiamo affrontando una situazione mai affrontata finora. Da un punto di vista prettamente tecnico la ristorazione era già abituata a misure di sicurezza preventive e l’implementazione ha portato ad alzare l’attenzione al massimo. Da un punto di vista economico, invece, la situazione straordinaria ha pesato e sta pesando sui costi per la messa a punto delle procedure precauzionali legate al coronavirus.


Parliamo di sanificazione quotidiana del locale. Quali sono le regole principali?


Come anticipavo prima, il settore alimentare e ristorativo sono i meno sconvolti dalle strategie di sicurezza, perché già attuavano in modo specifico e incisivo per l’ambiente di lavoro. A oggi sono previsti due step: pulizia e sanificazione. Devono essere effettuate totali 2 volte al giorno, anche se nella realtà è presto fatto perché tavoli, banco di somministrazione e macchinari devono essere costantemente sanificati.


Qualora si volesse operare in modo autonomo, come si può certificare la sanificazione?


Le sanificazioni possono essere effettuate direttamente dall’operatore del settore, l’ISS pubblica delle linee guida aggiornate quotidianamente per quanto riguarda la prassi igienica alimentare, dell’ambiente e impianti di climatizzazione. In commercio sono disponibili disinfettanti certificati, ma in una linea guida si dice che le sanificazioni propriamente dette dovrebbero essere fatte da chi ne è di competenza, ovvero da chi possiede i requisiti tecnico professionali legati al codice ATECO riferito a pulizia e sanificazione. Le aziende e i ristoratori potrebbero anche operare autonomamente, ma consigliamo sempre di far effettuare la prima sanificazione globale a una ditta competente esterna.


Un dubbio che sta nascendo con l’inizio del caldo è l’uso dell’aria condizionata. È consentita, ma a che condizioni?


L’aria condizionata deve essere utilizzata per legge all’interno di stabilimenti alimentari in cui vige l’obbligo della temperatura controllata o per bisogni personali in stagione estiva. È necessario, infatti, rispettare temperature minime e massime all’interno dei locali pubblici, e il mezzo più semplice e umano per mantenerle è il condizionamento, che dev’essere semplicemente sanificato correttamente per evitare la raccolta del virus.


riapertura bar mascherina


Molti locali scelgono di fare la mascherina personalizzata. Quale scegliere tra i modelli disponibili?


Sono prodotti che hanno bisogno di certificazioni effettuate sulla base di norme tecniche e legislazioni. Negli scorsi mesi, a seguito della scarsità di dispositivi di protezione individuale, erano state vagliate le mascherine di comunità, che però non fungono da barriera filtrante. La mascherina chirurgica protegge la comunità, e quindi la clientela di un locale, non chi le indossa, come baristi e camerieri. Le FFP2 e 3, invece, forniscono un potere filtrante quasi totale.


Sullo smaltimento delle protezioni, invece, quali sono le procedure da seguire?


Non vi è ancora una procedura standard sullo smaltimento dei DPI, nonostante in questi ultimi giorni se ne parli molto. Attualmente le mascherine vengono smaltite come rifiuto residuo, mentre i guanti di lattice e in neoprene vanno nella plastica.


Dal punto di vista dell’operatore horeca qual è il carico di stress che comporta lavorare ai tempi del coronavirus?


A livello emotivo il carico è tanto e si ripercuote a livello psicofisico. Ci troviamo in una situazione emergenziale e, come è già accaduto durante la crisi del 2008, il fattore di stress lavoro correlato è in grande ascesa. Le motivazioni sono tante, ma sicuramente il coronavirus ha aumentato il livello di stress emotivo e fisico. Basti pensare a come sarà lavorare in piena estate per un cameriere che indossa la mascherina - o addirittura la maschera facciale integrale - a 40° e con soggetti che potrebbero essere portatori di virus, perché chiunque potenzialmente potrebbe veicolarlo. È un contesto pesante, che sovraccarica il lavoratore con pericolo di burnout è dietro l’angolo.


Lei consiglia sia meglio ruotare più dipendenti per ridurre il rischio burnout?


Sì, certo. A livello organizzativo la turnazione abbassa lo stress per tutti, però dal punto di vista della sicurezza del lavoro si aumenta anche il numero di persone legate a un ambiente. La legge dice di esporre il numero minore di persone a una problematica, ma al momento sembra sia più emergenziale turnare il personale.


Un consiglio per i gestori di locali che devono affrontare questo momento.


Innanzitutto non perdere la calma e non farsi sbilanciare emotivamente dal bombardamento mediatico, qualora ricominciasse. Nel momento in cui apportiamo le corrette misure di sicurezza non bisogna farsi prendere dal panico. Consiglio di informarsi sempre sul sito del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, ricordando che le AUSL di riferimento erogano servizi consulenziali per legge e di appoggiarsi a un professionista nel momento in cui i datori di lavoro vorrebbero sentirsi ancor più tranquilli.


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05 giugno 2020